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MORINII giornali han detto di Lei: “È Martire… è Santa… un’altra Maria Goretti”. Nata in una famiglia numerosa, era la penultima degli otto fratelli e sorelle. I genitori coltivavano un terreno nella bassa ferrarese, a Fossanova S. Biagio, una frazione a 8 Km. da Ferrara. La Cascina dove abitavano era distante mezzo chilometro dal Centro della piccola borgata. La fanciulla, ormai tredicenne, aveva fatto la prima comunione da due anni e frequentava l’ultima classe delle elementari. Vivace ed intelligente, la maestra consigliò la mamma di farle continuare gli studi, cosa che fu giudicata impossibile per mancanza di mezzi. A 13 anni MARISA MORINI dimostrava più della sua età.

Si era sviluppata precocemente, ma non aveva grilli per la testa. La sua famiglia era numerosa e soprattutto povera: il mestiere di salariato agricolo che facevano suo padre e i suoi fratelli bastava appena a comprare il pane tutti tutti i giorni e il vino la domenica. Una vita magra, ma Marisa non si lamentava, aiutava volentieri la mamma nel faticosissimo lavoro di accudire alle necessità dei tanti uomini della famiglia.
Era brava e buona e cantava sempre. Questo amore per il canto fu determinante proprio l’ultima sera della sua vita, domenica 1 marzo 1964.

Nel pomeriggio la TV trasmetteva lo “Zecchino d’oro”. Una vera attrattiva per la fanciulla. A casa non avevano la televisione, ma c’era nel Bar della borgata, a mezzo chilometro da casa. La mamma, anche con apprensione, le concedeva il permesso, d’altronde la fanciulla tante volte aveva fatto quella strada. Si può immaginare quanta gioia abbia provato Marisa nel sentire cantare tutti quei bambini, come faceva lei in casa e a scuola. Alle 18:30 la trasmissione era fìnita. E lei, svelta, riprese la sua bicicletta, appoggiata fuori e via verso casa. Sarebbero bastati pochi minuti, invece a casa non arrivò mai.

Passarono le ore, ma inutilmente. Anche i carabinieri, avvertiti dal padre, si misero alla sua ricerca. Soltanto sul far del giorno, il fratello Mario trovò le scarpe della sorella e la bicicletta, a terra. Chiamò il carabiniere più vicino e insieme scoprirono il mucchio di rami e di fascine che coprivano il corpo della fanciulla orrendamente massacrato al volto e dalle mani piagate. Che era successo? Lo raccontò l’assassino reo confesso. La vide al bar e quando uscì la rincorse con la bicicletta, la urtò e la gettò a terra, tentando di violentarla. Marisa cominciò a gridare, a divincolarsi, a sferrare calci. Egli cercò inutilmente di immobilizzarla, afferandola per i polsi. Ma essa continuò a urlare e tirare calci, perse le scarpe. Per farla smettere le affondò la testa nel fango, ma inutilmente, allora la trascinò giù dall’argine… e, inferocito, trovò un grosso bastone con cui picchiò con tutta la forza sul viso della fanciulla, fracassandolo orribilmente e causandole la morte. Compiuto il delitto, l’omicida nascose il corpo della martire sotto quel mucchio di frasche.

La fortezza della fanciulla aveva vinto. La perizia necroscopica accertò che Marisa preservò la sua purezza. “È morta come una Santa”, dissero gli abitanti della campagna ferrarese. E una scritta a lettere d’oro, sulla porta della Cappella dell’ospedale di Ferrara, dove era esposto il corpo della fanciulla in attesa del rito funebre, diceva: “S. MARIA GORETTI, protettrice dell’innocenza, accogli MARISA che ha sopportato il tuo stesso martirio”.

MARISA MORINI, un’altra Maria Goretti! Un Fiore candido, imporporato di sangue, nel tempo dell’ateismo e della “noia”. Ecco le pagine di grandezza delle umili vite ed ecco la testimonianza perenne del costume morale cristiano, anche nell’epoca dello scetticismo e del nichilismo morale.

A cura di d. f. m.